5 fotografe contemporanee da cui farsi ispirare
Oggi voglio parlarvi di 5 fotografe di talento, ognuna con il proprio background culturale, provenienti da parti del mondo completamente diverse. Proprio questa diversità si afferma come l’ingrediente fondamentale per creare una panoramica completa del mondo dell’arte al femminile, dai talenti emergenti a quelli già consolidati. I progetti fotografici di queste 5 fotografe raccontano le atmosfere del Libano, il minimalismo dei colori, l’armonia dei dettagli, una storia familiare e la stretta relazione tra la dimensione del sogno e quella del viaggio. Una narrazione sensibile e delicata di ciò che ci circonda, ecco le protagoniste di oggi:
[unordered_list style=’circle’ number_type=’circle_number’ animate=’no’ font_weight=”]
- Lara Zankoul
- Elodie Ledure
- Rinko Kawauchi
- Viktoria Sorochinski
- Lucia Ganieva
[/unordered_list]
Un mondo che rievoca le sensazioni di Alice nel paese delle meraviglie. L’acqua, la luce, i colori tenui e le movenze sinuose: Lara Zankoul evoca i soggetti di Tim Walker e la estrema creatività di Tim Burton, reinterpretandoli però in modo personale. Il suo linguaggio simbolico suggerisce concetti specifici come il fluire del tempo, i limiti umani e la magia, ma allo spettatore viene sempre lasciata totale libertà interpretativa, leggendo i significati nascosti e la delicatezza che ne traspare.
“Il primo step del mio lavoro fotografico è avere una idea che poi traduco in immagine nella mia mente,poi pianifico la realizzazione dello scatto scegliendo il luogo appropriato, gli oggetti e il soggetto.”
Solitaria, quando si tratta di costruire il set, Lara Zankoul si serve, come location preferita, della casa dei nonni nel sud del Libano, dando vita ad un mondo che oltrepassa i confini del reale, colorandosi di rosa e azzurro. Dopo un percorso da autodidatta, scegliendo la via della fotografia pura, la Zankoul si è posta come ideatrice e talvolta protagonista di una storia fantastica,in cui cigni e chiavi giganti sono i suoi compagni di viaggio. Il suo paese, il Libano, nonostante le forti tensioni politiche e le difficoltà economiche, è per lei una fonte di ispirazione irrinunciabile.
@Lara Zankoul
Una ragazza nascosta dietro la macchina fotografica che indirizza verso di noi l’obiettivo: Elodie Ledure. Scatti che creano visioni pure, rigorose, ma delicate. Diplomata all’Ecole Superieure des Arts Saint Luc Liege in Belgio, per lei la fotografia è una sorta di strumento per spostarsi in una dimensione priva di tempo e spazio. Dotata di un filtro magico che le permette di rendere candida la visione quotidiana, Elodie ha fatto sue la pulizia formale e la contrapposizione minima dei colori. Tutto può diventare soggetto delle sue narrazioni. Un processo di purificazione della immagine che attutisce i rumori esterni, quasi come il soggetto diventasse simulacro di se stesso.”
Leggi anche: Rosita Uricchio e l’arte del racconto
Cerco un filtro purificante che renda i luoghi e il tempo concreti, sfuocati. Ritratti, reportage e paesaggi si fondono in un’unica ricerca che esclude qualunque categoria di genere. I soggetti umani perdono un po’ del loro calore per diventare statue viventi e i paesaggi vengono ripuliti dall’inquinamento visivo attraverso una rigida composizione formale. Una mano fatata che tratteggia storie incantate: Elodie Ledure ci porta nel suo mondo.
@ Elodie Ledure
Il fascino della transitorietà: questo è il concetto alla base delle mostre fotografiche di Rinko Kawauchi. Allestimenti essenziali, ma azzeccati, in grado di accogliere e promuovere al meglio i lavori di questo giovane talento del panorama giapponese. Nata nel 1972 in Giappone, si è da subito votata ad una serena poetica dello stile, cogliendo la magia del quotidiano e raccontandola attraverso i suoi scatti. Una fotografa delle piccole cose, dei dettagli impercettibili che nessuno tende a considerare – come gli insetti o i giochi di luce – Rinko Kawauchi diventa maestra di un minimalismo lirico sorprendente.
“Fare fotografie è come fare shopping e riordinare poi tutto nei cassetti”: queste le parole della fotografa giapponese, che spiega come il suo processo di consapevolezza cominci solo una volta all’ interno della camera oscura. Una sensazione che spinge a fermare un momento o un’idea, in attesa della fase finale di perfezionamento dell’opera. La luce si afferma come regina indiscussa, rivelandosi allo spettatore come affettuosa guida che lo condurrà tra i meandri del quotidiano e dell’inconscio. Immagini comunicative e colori intensi che raccontano storie e incentivano fantasie, contribuendo a dare una visione sempre nuova e diversa, all’insegna dell’inevitabilità del cambiamento.
@Lara Zankoul
Il fluire del tempo, il cambiamento e l’adattamento: la vita di Anna ed Eve, madre e figlia che hanno abbandonato la Russia per trasferirsi in Canada, come la stessa fotografa. Una dinamica esistenziale in continuo mutamento, camaleontica ed affascinante, malinconica ed ottimista. Viktoria Sorochinski, nata nel 1979 in Ucraina, ha vissuto in Russia, in Israele fino agli studi in Canada e al definitivo trasferimento a New York.
Viktoria è apparsa subito come un’artista dotata di un punto di vista poliedrico e sensibile alle sfaccettature umane e sociali, che l’hanno portata a seguire per otto anni la vita di Anna ed Eve, madre e figlia che condividono un destino, un segreto per gli altri imperscrutabile. Leggeri frammenti di vita quotidiana che vanno dal taglio di un melograno ad una passeggiata lungo il fiume, resi però indelebili dall’energia dello sguardo della piccola Eve, una rivisitazione in chiave moderna di Alice nel paese delle meraviglie.
Leggi anche: Yoshie Kondo e i suoi taccuini di viaggio illustrati
Lo smarrimento di una madre, perennemente in bilico nel mondo che la circonda, e la curiosità e la forza magnetica di una bambina con gli occhi fissi verso l’orizzonte della sua esistenza. Viktoria Sorochinski, che ha già esposto nelle gallerie di gran parte del mondo, ha dimostrato una maestria ineccepibile nel creare situazioni ad hoc, costruendo un ritratto intimo ed enigmatico della vita di questa famiglia. Atmosfere cupe e velate, colori intensi e una complicità di sguardi disarmante che raccontano silenziosamente quello che si nasconde dietro una routine organizzata. La macchina fotografica della Sorochinski si mantiene nell’ombra, umile narratore esterno, rispettoso delle attrici in scena e della loro interpretazione autentica ed autobiografica. Una tensione costante tra realtà e finzione, inquietudine e meraviglia: un esperimento ben riuscito alla ricerca del profondo significato dell’identità umana.
@Viktoria Sorochinski
Panorami esotici e immagini dai colori sgargianti che ricoprono gli interni di caratteristiche case in legno di un piccolo e isolato villaggio russo: questa è la filosofia alla base di “Dreaming Walls”, il progetto fotografico di Lucia Ganieva. Nata nel 1968 in Russia e vissuta per anni in Olanda, la Ganieva ha esposto in molte città europee, tra cui Amsterdam e Tarragona.
La relazione tra la dimensione del viaggio e del sogno, tipico della natura umana, si fonde con una quotidianità umile, raccontata attraverso cucine con tavoli in legno e semplici orologi a muro. Due mondi che finiscono per accavallarsi l’uno sull’altro, sgretolando confini fisici e spaziali, e dando vita ad un’unità perfetta, una trappola surreale per l’occhio umano. Grandi riproduzioni che ricoprono le mura di casa, fotografate da Lucia Ganieva, che ha saputo ancora una volta dimostrarsi un’attenta conoscitrice della luce e dei tagli più d’effetto. Un senso di nostalgia e di speranza, il desiderio di evasione e di riscoperta sono i protagonisti indiscussi di questo progetto, che ha il pregio di congiungere il piano della realtà con quello dell’immaginario.