Erika Zolli e la stravaganza dell’immaginario nella fotografia
Quando siamo capitate sul sito di Erika Zolli è scattato un autentico colpo di fulmine. Specializzata in fine-art, è da sempre stata attratta dalla potenzialità che ha la fotografia di condurre l’osservatore in un mondo di surreale poesia. Le sue atmosfere oniriche hanno un influsso benefico che oserei definire taumaturgico: la sua arte infatti è un toccasana contro le tensioni della vita quotidiana. Nelle sue fotografie vengono creati nuovi mondi e si esplora quell’invisibile dimensione onirica, nascosta nella mente umana. Surrealismo, armonia e delicatezza: questi sono solo alcuni degli ingredienti magici della sua pozione artistica. Ovviamente non abbiamo potuto fare a meno di contattarla e proporle un’intervista: ecco il frutto della nostra chiacchierata con Erika Zolli, buona lettura!
@Erika Zolli, Me At My Best
Erika quali sono tre aggettivi con cui ti descriveresti e qual è il tuo colore preferito?
Sicuramente curiosa, visionaria e teatralmente razionale. E il mio colore preferito è l’azzurro!
Hai sempre desiderato lavorare come fotografa o è stato un amore nato piano piano?
L’idea di fare della fotografia un lavoro è nata mentre frequentavo l’Università. Da sempre però sono stata attratta dall’osservare molto il mondo che mi circondava, incuriosita dai dettagli.
@Erika Zolli, Surreal Arabesque
Sappiamo che ti sei laureata in Filosofia perciò vorremmo chiederti se ritieni che ci siano degli studi necessari per diventare fotografi o sia sufficiente studiare da autodidatti?
Assolutamente si, essere autodidatti è più che possibile. Credo che la cosa più importante se si voglia davvero fare questo lavoro sia avere una natura letteralmente da “spugna”, assorbire leggendo e informandosi molto e allo stesso tempo fare tanta tanta pratica. Provare, sbagliare e riprovare. La cosa che a me è servita moltissimo è stata anche quella di partecipare a diversi workshop tenuti da fotografi che ho sempre seguito: vedere come ognuno di loro lavorava è stato un enorme e importantissimo punto di partenza.
Pensi che esista un legame profondo tra fotografia e filosofia?
Decisamente. Credo che le arti figurative siano estremamente collegate all’essere e all’esistenza umana. Estrapolare immagini della realtà (sia realistica che alterata) è un mezzo estremamente importante per portare il soggetto a riflettere su quello che sente e prova nel vedere quell’immagine.
@Erika Zolli, Me At My Best
Guardando i tuoi lavori, abbiamo notato una fortissima predisposizione verso il surrealismo: da dove nasce questa tua passione?
La passione verso il surrealismo è nata quando ero piccola. Paul Delvaux, Salvador Dalì e Renè Magritte mi hanno sempre irrazionalmente attratto. Non so dirti esattamente da cosa sia nata questa mia passione, penso che certe cose siano del tutto inspiegabili.
Ci sono altri artisti che hanno ispirato la tua vita e il tuo lavoro di fotografa?
Uno tra tutti è Franco Fontana: adoro il suo approccio alla fotografia, in particolare modo la sua idea di creatività e la sua concezione di immagine visiva. Ho visto e letto diverse sue interviste e mi ha colpito moltissimo l’umiltà che ha perché nelle sue parole si intravede un animo veramente semplice. Credo che questa sia la caratteristica dei veri grandi. Un’altra figura che mi ha ispirato molto è stata quella di Natalie Dybisz: osservare le sue fotografie è stata una grandissima fonte d’ispirazione per me.
@Erika Zolli, Me At My Best
Visitando il tuo sito web ci siamo soffermate in particolare su due progetti: puoi dirci qualcosa su “Surreal Arabesque” e “Me At My Best”?
Questi due progetti li ho realizzati nel 2016. Sono molto affezionata a entrambi. Il primo si sviluppa intorno al concetto di “arabesque”, che significa contrapporre alla perfezione del “Bello ideale” la stravaganza dell’immaginario e delle chimere fantastiche. In questa serie immagini apparentemente normali, vengono arricchite da elementi surreali e ironici: nuvole davanti a normali autoritratti, molteplici mani che abbracciano alberi fino all’estremità dei rami, un gatto in una teiera di ceramica, una donna distesa beatamente in una scatoletta di tonno e molto altro ancora. In “Me At My Best” invece, come si può intuire dal titolo, ho voluto giocare fondamentalmente con me stessa creando una serie di autoritratti surreali e onirici. L’osservatore si troverà di fronte a metamorfosi in fiori, bagni caldi in tazze da the, sublimazione del corpo e mimesi con l’ambiente circostante.
@Erika Zolli, Levitation Project
C’è uno scatto a cui sei particolarmente affezionata?
Ho un rapporto affettivo con ogni fotografia che rientra in uno dei progetti che creo. Quella a cui però sono più affezionata è una delle prime che ho scattato, appartiene alla serie “Levitation Project” e ritrae una donna in una bolla mentre è distesa in sospensione su un palco teatrale.
Se i nostri amici lettori potessero visitare una tua mostra, che cosa vorresti che percepissero dei tuoi lavori?
Vorrei che percepissero leggerezza, una leggerezza che conduce chi guarda in un mondo dispiegato dalle leggi della logica, e che conduce lentamente verso la propria più intima essenza.
Infine, se potessi partire con una vecchia valigia dove vorresti andare?
Diciamo che in questo preciso momento mi piacerebbe essere seduta ad un tavolino dell’Antic Teatre di Barcellona sotto al sole, ascoltando della buona musica.
Noi ringraziamo tantissimo Erika Zolli per la piacevole chiacchierata e se volete scoprire qualcosa in più sui suoi lavori, visitate il suo sito web!
Che meraviglia! Sono veramente colpita dalla bellezza e dalla profondità di questi scatti. Complimenti a Erika e a voi per averla intervistata!
grazie mille ragazzi! E’ un’artista davvero stupefacente e tra l’altro anche una ragazza molto gentile!
mi viene voglia di guardare il cielo…
E’ un incanto questa fotografa!