La fiera d’arte che vorremmo

Dopo aver visitato la nuova edizione di Arte Fiera a Bologna, è stato inevitabile porci una serie di domande. Questo è considerato a tutti gli effetti uno degli appuntamenti più importanti a livello italiano per gli amanti dell’arte e sono tantissime le gallerie che partecipano, esponendo solo gli artisti migliori: ma allora perché abbiamo provato quella sensazione di mancato entusiasmo? Abbiamo deciso di prenderci qualche minuto per riflettere e, da questo vortice di pensieri, è nato un articolo in cui ti raccontiamo qual è la fiera d’arte che vorremmo: buona lettura!

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Arte Fiera Bologna: i punti di forza di questa edizione 2019

Partiamo da un presupposto: organizzare questo tipo di evento non è affatto semplice e, a questa edizione, vanno riconosciuti dei meriti importanti. Prima di tutto il neodirettore artistico Simone Menegoi ha fatto una scelta coraggiosa che abbiamo molto apprezzato, cioè favorire la qualità rispetto alla quantità. Le gallerie con gli stand più grandi hanno potuto ospitare al massimo sei artisti mentre a quelle piccole e medie ne sono stati concessi al massimo tre. Inoltre sono state previste tariffe agevolate per tutte le gallerie che hanno deciso di proporre un solo nome, creando di fatto una serie di mostre monografiche propedeutiche all’approfondimento.

Gli aspetti positivi non sono finiti qui: durante tutto il nostro pomeriggio in fiera abbiamo avuto la possibilità di visitare ogni singolo stand senza provare quello spiacevole effetto “sgomitamento” che rende l’esperienza del visitatore tutt’altro che fruibile. Inoltre grande spazio alla fotografia e finalmente oseremmo dire: quest’anno infatti un’intera sezione è stata dedicata alla Fotografia e all’arte in movimento, affidando la direzione artistica a Fantom,  che è una piattaforma curatoriale nata tra Milano e New York nel 2009, rappresentata da Selva Barni, Ilaria Speri, Massimo Torrigiani e Francesco Zanot.

Ultimo punto di forza che ci teniamo ad evidenziare è stato il contributo social a questo importante appuntamento: blogger, instagramer e contributor di magazine online hanno raccontato la loro esperienza di visita e le loro opere preferite sui canali social, in particolare Facebook e Instagram, stimolando nuove riflessioni e coinvolgendo anche gli appassionati e i curiosi che non hanno potuto partecipare in prima persona. Per noi è fondamentale che l’arte contemporanea venga condivisa attraverso il maggior numero di canali possibili, quindi quando vediamo le persone raccontare e postare questo tipo di storie ed emozioni, non possiamo che entusiasmarci.

fiera arte - arte fiera bologna

@Travel On Art, Amparo Sard

Arte Fiera Bologna: un lavoro a metà?

Prima di iniziare con le considerazioni negative, ci teniamo a fare un piccolo preambolo: durante questo weekend, ad affiancare l’esposizione delle gallerie per Arte Fiera, ci sono stati molti musei, piazze e istituzioni cittadine che hanno aperto le loro porte per accogliere i numerosi visitatori. Purtroppo, a causa degli impegni di lavoro, non abbiamo potuto godere di tutti questi eventi collaterali, ma alcuni ci sembravano davvero degni di nota.

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Ma ora torniamo a quella sensazione di mancato entusiasmo che abbiamo provato una volta uscite dalle fiera: perché non ci ha conquistate? Uno dei motivi principali è stata la totale assenza di coinvolgimento emotivo. Sappiamo perfettamente che si tratta di una fiera e non di un percorso museale, ma se deve andare in scena il meglio dell’arte contemporanea, il visitatore deve sentirsi coinvolto ed emozionarsi in prima persona. Per questo motivo secondo noi è fondamentale investire in 3 direzioni specifiche:

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  • è necessaria una maggiore sperimentazione nel linguaggio espressivo, l’arte contemporanea non può essere solo pittura e scultura, ma anche performance, suoni e arte digitale;
  • nella fiera che vorremmo gli spazi espositivi non devono essere sempre tutti uguali. Siamo stanche dei soliti contenitori bianchi preconfezionati, in cui la personalizzazione viene completamente a mancare in favore del classico chiodo appeso al muro. Sarebbe bello vedere una maggiore creatività anche nell’allestimento e ricordiamoci che la creatività non per forza fa rima con investimenti economici colossali, anzi;
  • ultimo ma non per importanza, il ruolo dei galleristi. In gran parte degli stand che abbiamo visitato, i galleristi non venivano percepiti come figuranti presenti, ma assenti (e la scusa della stanchezza non può valere il secondo giorno di fiera, come il terzo o il quarto): occhi incollati al pc o allo smartphone, ma lo storytelling artistico dov’è? Se gli artisti non sono presenti, devono essere proprio i galleristi ad interagire con il pubblico, rendendolo partecipe e facendolo innamorare della loro visione dell’arte. Su questo aspetto c’è tanto margine di miglioramento.

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fiera arte - arte fiera bologna

@Travel On Art, Fabio Viale

La fiera che vorremmo ancora non esiste e forse non esisterà mai, ma è fondamentale porsi sempre nuovi obiettivi e valorizzare la vera essenza dell’arte: sperimentazione ed emozione non possono venire a mancare o rischiamo di cadere in uno spiacevole e apatico appiattimento. Se alcune gallerie, come la Traffic Gallery di Bergamo e la Galleria Poggiali di Firenze, hanno deciso di osare e di investire su nuovi linguaggi, molte altre si sono limitate a proporre i nomi dei soliti noti, ripetendosi anno dopo anno: che senso ha limitare l’arte sempre alla stessa minestra riscaldata, per quanto di qualità? Noi speriamo che il desiderio di emozionare e scardinare le solite e vecchie certezze abbia la meglio sullo status quo a cui molti non vogliono rinunciare: la fiera che vorremmo è un sogno ad occhi aperti a cui non vogliamo rinunciare e tu cosa sogni per Arte Fiera 2020?

 

Category: Arte contemporanea

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4 commenti su “La fiera d’arte che vorremmo

  1. Chelli llà ha detto:

    Molto interessante questo articolo! Non avendo molta esperienza per le Arte Fiera degli anni passati, nel complesso questa ci è piaciuta molto. Anche noi avevamo paura di essere circondati da maree di persone e nn godere appieno delle opere ma fortunatamente non è successo. Come voi abbiamo apprezzato la migliore qualità ma dall’altra parte è mancato quella partecipazione dei visitatori da parte del gallerista come avete scritto. Noi siamo fermamente convinti che in ogni singolo museo di arte contemporanea ci debba essere una guida che spieghi almeno il senso dell’opera (perché poi si va a cadere nella solite frasi “l’arte contemporanea non la capisco”) e crediamo che anche in queste occasioni, pur essendoci anche visitatori esperti, ci debba essere a gratis una persona specializzata che accompagni la visita.

    1. Anastasia Fontanesi ha detto:

      Ciao ragazzi, grazie per il vostro commento, uno spunto davvero interessante! Siamo d’accordo con voi quando dite che quest’anno Arte Fiera ha comunque fatto un passo in avanti, lo testimoniano anche gli eventi in tutta la città che dimostrano come la fiera voglia diventare sempre di più “alla portata di tutti”. Il problema dei galleristi è purtroppo molto diffuso e crediamo davvero che nel momento in cui gli stessi galleristi diventeranno più “social”, la fiera farà sicuramente il salto che ci aspettiamo!

  2. Patrick ha detto:

    Condivido praticamente tutte le vostre riflessioni. Partiamo però da due punti secondo me fondamentali. Scusate lo sproloquio 🙂
    1) Il primo è che si tratta di una fiera e che nasce come momento anche di vendita o di incontro fra galleristi e clienti. La performance è costosa e non si vende (a parte artisti di altissimo livello che ne vendono le istruzioni, ok): qualcosa c’era, presentato non dalle gallerie ma dall’organizzazione, ed era stato annunciato, ma non l’ho visto, il love bar di Alex Cecchetti. C’era anche il salotto di Favelli, ma nessuno lo usava. Le poltrone erano guardate come se fossero opere. In una manifestazione del genere (e anche questo è interessante), anche ‘pedagogica’ devi mettere qualcuno che spieghi come vivere l’installazione o almeno una spiegazione chiara. Anche questo lo inserirei alla voce ‘coinvolgimento’. Anche a me piacerebbero più installazioni e performance, però costano, è solo una considerazione.
    Anche io avrei apprezzato un po’ di coraggio in più da parte delle gallerie nell’allestimento.

    2) Le fiere possono essere un momento per avvicinare la gente alle gallerie, spesso vissute come qualcosa a metà fra una banca e una gioelleria più che posti da frequentare come accade invece a New York. I galleristi annoiati e con lo sguardo sul telefono di certo rinforzano l’idea di chiusura, Ovviamente non si pretendono galleristi vestiti da coniglio come fece Cattelan ma sono totalmente con voi. Sarebbe bello che ci fosse più apertura, coinvolgimento sia emotivo che di partecipazione.

    E poi aggiungo un corollario. Io capisco che ci sono mille motivi per non farlo, resistenze ecc. e che qualunque gallerista è più che disponibile a raccontarti tutto, ma io apprezzo molto i prezzi esposti (ancora, accade più all’estero), visti in un solo stand (fra l’altro quest’anno erano spariti anche i bollini che indicavano le opere vendute). Ci sono opere costosissime ma opere piccole possono essere accessibili (più a setup che ad artefiera) e acquistare un disegno o un piccolo dipinto di un artista che ci ha emozionato è una cosa bellissima. Io sono felice di aver acquistato piccole cose a setup negli anni scorsi, al costo di un weekend fuori bologna,

    Purtroppo avevo poco tempo e non sono riuscito ad andare a Setup che mi è sempre sembrata la parte più viva e bella di Artefiera (ma quest’anno Artefiera era più bella, per i motivi che avete detto), anche perché spesso ci sono gli artisti e c’è modo di parlare con loro, farsi raccontare le loro opere, cosa che secondo me è sempre bellissima. Ci siete state?

    1. Anastasia Fontanesi ha detto:

      Ciao Patrick! Prima di tutto grazie per il tuo commento, ricco di spunti interessanti, come sempre! È molto bello condividere la passione per l’arte con persone così competenti 🙂 siamo d’accordo con te sul fatto che la fiera non sia una mostra e quindi abbia un’anima spiccatamente commerciale, ma proprio per questo, gli acquirenti di arte contemporanea non hanno per forza un cartellino e anche persone come noi o te ad oggi, possiamo acquistare dipinti o fotografie, ma la chiusura totale dei galleristi spesso fa passare la voglia di fare un investimento di questo tipo. Apprezziamo molto di più un’anima da marketer, anche se non eccessiva e fuori luogo.
      Purtroppo invece non siamo mai state a Setup, anzi grazie che ce ne hai parlato perché ci informiamo molto volentieri, amiamo scoprire sempre nuove realtà!

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