Jean Michel Basquiat e Lee Jaffe: il ritratto dell’arte
Jean Michel Basquiat e Lee Jaffe sono due artisti che hanno influenzato in modo decisivo la realtà artistica del nostro secolo. Questo binomio esplosivo è in mostra presso la Galleria Ono Arte Contemporanea di Bologna, dal 5 maggio all’11 giugno e, se siete nei paraggi, non potete proprio perdere quest’occasione. Partiamo dall’inizio: se forse la maggior parte di voi conosce Jean Michel Basquiat, probabilmente sono meno coloro che conoscono il talento artistico e il fascino poliedrico di Lee Jaffe.
@Niko Giovanni Coniglio
Originario di New York, precisamente del Bronx, Jaffe è nato nel 1950 e, giovanissimo, si è trasferito in Brasile, iniziando a lavorare come attore e regista. Dopo due anni fu costretto a rientrare in America; la dittatura militare brasiliana non gradiva i suoi lavori. Il ritorno a New York ha segnato l’esplosione della sua carriera come artista concettuale e non solo: a Jaffe va il grande merito di aver dato vita ad un sistema culturale eterogeneo. Performance dal vivo, musica, pittura, scultura e fotografia: la sua arte era tutto questo e molto altro.
E’ stato proprio durante gli anni Ottanta che Jaffe e Jean Michel Basquiat si incontrarono, diventando buoni amici. Le fotografie che ritraggono Basquiat al lavoro o assorto nei suoi pensieri sono il frutto di questa amicizia. Un ragazzo dagli occhi sognanti, perso a dipingere e creare: negli scatti di Jaffe, Basquiat sembra un bambino spensierato e introverso, impegnato a dare vita al suo coloratissimo mondo interiore.
@Lee Jaffe
La vita di questo genio assoluto è stata caotica, faticosa e immensa: fin da piccolo Basquiat ha dimostrato un fortissimo interesse per l’arte, spinto probabilmente dalla madre che lo accompagnava in giro per i musei di tutta New York. L’adolescenza però è spesso un momento turbolento nella vita di un ragazzo e Jean Michel reagì provando droghe e tralasciando la sua carriera scolastica. A 17 anni scoprì l’amore per i graffiti e da lì iniziò a riempire tutti i muri di Manhattan, firmandosi SAMO, acronimo di “Same Ol’Shit”, la solita vecchia merda.
Frasi rivoluzionarie, ma spesso incomprensibili: il suo talento però, dopo mesi di vita allo sbando, lo guidò verso un incontro decisivo. Sulla sua strada c’era lui: Andy Warhol. Una cartolina venduta per un dollaro in un ristorante di Soho e da lì la svolta: nell’arco di pochi mesi il successo di questo giovane travolse gli ambienti culturali dell’intero East Village.
@Lee Jaffe
L’arte di Basquiat è lo specchio della condizione della comunità afroamericana di quel periodo: bambini che giocano all’ombra della grande metropoli e parole cancellate. Uno stile eclettico ed ironico, rabbioso e sensibile: le sue opere colpiscono per lo straordinario impatto visivo. Artista curioso e appassionato di jazz e letteratura, Basquiat ha saputo mescolare come nessuno primitivismo e contemporaneità. Le sue maschere tribali e i suoi aerei sono il frutto di un mondo interiore complesso che lo ha portato a raggiungere le vette del successo mondiale, grazie a collaborazioni storiche e copertine del New York Times, ma anche a cedere alla pressione a cui è stato sottoposto.
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Un personaggio oscuro? No, un ragazzo sensibile e introverso, incapace di trovare un equilibrio stabile in un mondo che si muoveva troppo velocemente. La sua vita si è interrotta a soli 27 anni a causa di una overdose letale. L’ennesimo artista dannato: così è stato definito da molti. Ma se avrete voglia di vedere ciò che si nascondeva dall’altra parte, nell’autenticità della vita vissuta dietro ai riflettori, avrete una sorpresa.
@Lee Jaffe
Una maglietta rossa, un cappello, il pennello stretto tra le mani e un sorriso commovente: il grande talento di fotografo di Lee Jaffe ha regalato a Jean Michel Basquiat una seconda possibilità assai preziosa. Quella di farsi conoscere realmente dal pubblico: la grande opportunità di essere se stesso ancora un’ultima volta.
PH copertina: Lee Jaffe