Marzio Toniolo e il suo reportage fotografico nella prima zona rossa in Italia

Se c’è una costante che unisce ogni periodo storico, positivo e negativo, è che l’arte si è sempre rivelata una valvola di sfogo emotivo, sia per l’artista sia per chi ha la possibilità di fruirne direttamente. Durante questa quarantena, che sta avendo risvolti impensabili per molti di noi, scoprire il reportage fotografico di Marzio Toniolo sulla zona rossa di San Fiorano (tra Lodi e Piacenza), ha stravolto completamente il nostro modo di pensare e percepire la realtà. Tutto è iniziato quando ancora, gran parte dell’Italia era addormentata e non ci saremmo mai immaginati, qualche settimana dopo, di arrivare a ripercorrere quello che Marzio ha raccontato sul suo profilo Instagram.

Le sue foto stanno facendo il giro del mondo: Le Monde, CNN, The Guardian e molti altri. Ma adesso non vogliamo focalizzarci sulla sconvolgente quotidianità raccontata nei suoi scatti, ma preferiamo parlarti di Marzio, insegnante di scuola primaria di San Fiorano, e di come la sua sensibilità e la sua capacità di osservazione gli abbiano permesso di creare un perfetto esempio di storytelling artistico. Siamo davvero felici di aver avuto la possibilità di parlare con lui e aver ascoltato del suo amore per la fotografia, dei soggetti che più lo ispirano e di come sia nata l’idea di questo reportage fotografico nella prima zona rossa in Italia.

Prima di leggere le sue parole, ti invitiamo a visitare il suo profilo Instagram, osservare le sue foto e leggere attentamente le sue parole.

Noi siamo rimaste “incantate” dalla lentezza, dal silenzio e dall’immobilità dei momenti che ha ritratto, apprezzando a pieno il suo talento introspettivo fuori dal comune.

https://www.instagram.com/p/B836brCIhfS/

 

 

 

Marzio Toniolo e la sua storia d’amore con la fotografia

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

Mi sono avvicinato alla fotografia una decina di anni fa, forse otto, quando lavoravo in una casa di riposo come animatore per gli anziani. Con un vecchio cellulare avevo iniziato a fotografarne gli ospiti nei vari momenti della giornata. Ho raccolto degli scatti molto intensi, ma non ho mai potuto pubblicarli perché non avevo le autorizzazioni. Nel mentre tanti di loro sono morti e le immagini sono finite in qualche vecchio hard disk.

Che ruolo ha la fotografia nella tua quotidianità (al di là di questa situazione straordinaria)?

Nella mia quotidianità la fotografia ha un ruolo molto importante, nonostante viva in un luogo che non offre poi tantissimi spunti fotografici. Impiego spesso il mio tempo a riflettere sui progetti che vorrei realizzare, anche se sono spesso inconcludente e lascio le cose a metà. Ma questo perché fondamentalmente un lavoro ce l’ho già e di fotografia non ci campo.

Quali sono i soggetti che di solito prediligi ritrarre?

Tutto nasce dal mio amore nei confronti della street photography ancor prima della fotografia stessa. È un po’ una frase stupida ma è andata così. Sono sempre stato ossessionato dal trinomio composizione-elemento umano-spontaneità. Per questo le mie immagini sono pensate ma non costruite.

Poi ho trasferito queste mie cose nei miei viaggi, scegliendo solitamente mete poco battute dal turismo di massa e raccontando, fotograficamente e attraverso piccoli appunti, le mie avventure. Ma così, sui social, senza pretese. Non ho alcun blog e non m’interessa averne. Altre volte ho raccontato storie varie, anche personali, per immagini. In ogni caso l’elemento umano, per me, è fondamentale.

©marzio toniolo - reportage prima zona rossa italia

@Marzio Toniolo

Il reportage nella zona rossa di Marzio Toniolo

Abbiamo letto che sei un insegnante di scuola primaria, come coniughi quindi il tuo lavoro di insegnante con l’attività di fotografo?

Solitamente mi dedico alla fotografia nel tempo libero e nei weekend. È la mia più grande passione e non c’è giornata in cui non abbia con me almeno una piccola macchina fotografica.  Spesso mi capita di uscire anche di notte, da solo. È un genere completamente differente a quello che faccio di solito, ma mi affascina tantissimo vagare nel buio in cerca della mia preda, inteso come momento/immagine che voglio portarmi a casa.

In questo periodo lavoro dalla mia abitazione, somministrando esercizi ai miei alunni di prima e quinta elementare, con i quali però non è pensabile a mio avviso fare lezioni davanti ad uno schermo, tutti insieme contemporaneamente. Dal 21 febbraio ho dedicato gran parte delle mie giornate alla fotografia, in maniera quasi maniacale. Anche perché, nelle prime settimane soprattutto, non c’era un secondo da perdere.

Volevo documentare il più possibile. Poi la parte documentaristica mi ha un po’ stufato, perché si creavano solo immagini ripetitive di spazi vuoti, gente con la mascherina e file di persone fuori dai negozi. E, allora, non era ancora stato emesso alcun decreto. Non si sapeva nulla. Poi ho deciso di dedicarmi a raccontare quello che succedeva dentro le mie quattro mura. Ne è nato un lavoro più introspettivo e a tratti concettuale. Mi sono un po’ adattato agli eventi. Non so se ho fatto bene, ma tant’è.

©marzio toniolo - reportage zona rossa lombardia

@Marzio Toniolo

Da dove è nata l’urgenza comunicativa di realizzare questo reportage fotografico sulla zona rossa durante l’epidemia Covid-19?

L’emergenza comunicativa è nata nel momento in cui mi sono ritrovato dove e quando tutto ha avuto inizio. Il Coronavirus era arrivato nel mondo occidentale, viaggiando per migliaia di chilometri ed era finito proprio qui. Pazzesco.  I primi giorni sono stati terribili e la fotografia mi ha salvato. Grazie ad essa ho tenuto la mente occupata e sono riuscito a rendere produttivo il mio tempo, che diventava sempre più lento con il passare dei giorni.

Oltre a raccontare la particolare quotidianità del tuo paese e della tua vita, totalmente stravolte da questo momento storico, c’è qualche altro spunto che vorresti comunicare attraverso i tuoi scatti e le tue didascalie (che sono sinceramente un perfetto esempio di stortyelling)?

Sì, volevo raccontare la normalità e la quotidianità di una famiglia in un momento del tutto anormale. È stato come raccontare dal futuro, sapevo che per gli altri sarebbe accaduta la stessa cosa, ma tempo dopo. In qualche modo volevo preparare chi mi ha seguito, vicino e lontano, all’impatto.

Volevo far sapere che si poteva continuare a vivere e a far tante cose, anche in un momento così straordinariamente terribile e con delle grosse restrizioni, ma rispettando delle semplici regole. Era necessario preparare la gente ad affrontare questa emergenza con positività, senza sottovalutarne però il problema. Poi gli eventi mi hanno portato ad incupirmi parecchio e lì ho preferito smettere. C’era bisogno di positività. Ma io ho sempre raccontato la realtà delle cose senza troppi giri di parole, pensando che il reportage dovesse sempre dire la verità. E così è stato.

Poi la gente moriva e altrove si faceva troppo rumore. Quando il dolore non ti tocca da vicino (e parlo di morti, non dell’essere costretto a stare in casa) ci si sente distanti e ci si comporta in maniera diversa. È nella natura umana e non lo biasimo. Ma stava diventando uno show indelicato. Lì ho detto basta, sui social intendo. Il reportage va avanti, sempre e comunque.

©marzio toniolo

@Marzio Toniolo

In casa vostra, ci sono 3 grandi generazioni a confronto: nonni, voi e la vostra bimba, come si sono intersecate le vostre quotidianità durante questa convivenza anomala? 

Quando è iniziato tutto eravamo in sei: i miei nonni novantenni, mio padre (che era qui in vacanza da una settimana e vive in Sardegna), mia figlia di quasi tre anni, mia moglie ed io.

In tutto questo, nonostante la casa fosse grande, mia nonna non ha mai gradito il fatto di avere ospiti in casa (e mio padre lo è perché i miei sono separati). Lei in primis doveva fare pure i conti con la demenza senile di mio nonno, che peggiora di giorno in giorno. Mio padre, superata la prima settimana, è stato sull’orlo di una crisi depressiva ed ha iniziato ad avere mille paranoie ogni giorno, provandosi la temperatura di continuo e temendo di essere stato contagiato. In più la lontananza da casa e dalla sua compagna, considerando il fatto che non potesse lasciare quest’area, ha reso i suoi giorni terribili.

Mia figlia ha tre anni e la sua esuberanza spesso faceva a cazzotti con l’umore degli altri, ma generalmente ha fatto da collante per stemperare le varie tensioni che venivano quotidianamente a crearsi. Io mi sono praticamente autoisolato, preso da questo lavoro per circa 18/20h al giorno. Mia moglie, in tutto questo, è stata fantastica nel gestire tutto e fare il lavoro sporco di pensare a tutto e tutti.

Gli scatti realizzati per questo reportage saranno pubblicati in qualche testata oppure ne nascerà una mostra?

Il primo giorno, grazie ad un contatto che avevo su Instagram, è iniziata la collaborazione con Reuters. Le immagini sono finite un po’ ovunque nel mondo, da Le Monde a The Guardian, passando per Der Spiegel, CNN, Bild, Liberation, NZZ, Repubblica ecc… e su altri quotidiani nazionali sparsi nel globo. Fotograficamente parlando è stata una soddisfazione, anche se avrei preferito finirci per questioni diverse.

Per tutte le altre eventuali pubblicazioni, mostre e partecipazioni ad eventi fotografici ci penserò dopo. La priorità ora è la salute della mia famiglia, nel mentre continuo a documentare.


PH copertina: Marzio Toniolo

 

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